PNRR: BABELE DEI BANDI METTONO A RISCHIO IL GIA SCARSO 40% AL SUD. GUERRA TRA POVERI TRA I COMUNI CAMPANI.
Partiamo da un presupposto: non è ancora possibile capire se effettivamente al Sud andrà il già scarso 40% dei fondi del Pnrr e la babele di regole non ci aiuta a fare chiarezza. Le risorse del Pnrr vengono assegnate dai ministeri in base ad almeno tre diverse modalità: Graduatoria unica a scorrimento: vincono i progetti con il punteggio più alto purché il 40% venga riservato al Sud. Bandi per macroaree e poi all’interno dei plafond si scelgono i progetti migliori;
Divisione delle risorse per Regioni che a loro volta le distribuiscono nei territori.
Proprio l’ultima modalità in Campania ha generato una ‘guerra tra poveri’. Ci riferiamo al bando relativo all’investimento 2.1 destinato a finanziare progetti esecutivi di quei borghi «a rischio abbandono o abbandonati», per i quali ogni singolo comune può concorrere a un finanziamento di ben 20 milioni di euro.
La Regione Campania ha prefissato una griglia di 38 comuni lasciandone molti esclusi, soprattutto nelle aree interne, come Apice e Taurasi. E invece si ritrovano 38 comuni del salernitano a rischio “abbandono”, località gettonatissime come Atrani e Cetara in costiera amalfitana.
Ora precisiamo che trattandosi di comuni del Sud hanno tutti ugualmente subito la tagliola della spesa storica e del disinvestimento nel Mezzogiorno a favore dei ricchi territori del Nord. Ma quello che sta avvenendo ha del paradossale: una vera guerra tra poveri scatenata dalle regole dettate proprio dalla Regione Campania.
Una delle tante storture che ci saremmo potuti evitare se la gestione del Pnrr fosse stata centralizzata.
Ma allora la domanda è: perché il governo non ha scelto di gestire direttamente ogni bando? La risposta è semplice: in questo modo, il Sud rischiava davvero di ottenere i fondi che gli sarebbero spettati (il 70% come da regole europee). Molto meglio generare confusione, così il Nord non rischia di restare al palo.
Quello che si evince da questo e’ il metodo di governo che reclama la centralizzazione laddove sia antitetica agli interessi della comunita’ in quanto passibile di controllo da parte di soggetti privatistici. Quando invece la centralizzazione e’ conforme all’attuazione completa della Costituzione, proficua tanto per il meridione quanto per il settentrione d’Italia, viene glissata affidando alle regioni ed ai comuni del sud l’onere della pianificazione e gestione economica. Alla luce delle azioni giuridiche incrociate per garantirsi bandi assegnati legalmente ad altri, vige una entropia che mantiene in stallo il sud rendendogli la vita sempre piu’ complicata.
Questo editoriale non vuole essere campanilista o antipatriottico bensi’ cerca di focalizzare il fatto che l’Italia e’ subordinata ad un sistema politico che vede le sue parti-Nord e Sud- l’una piu’ ricca in Europa e l’altra piu’ povera in Europa; per cui auspica una perequazione di introiti, fondi, opulenza, che non sottragga ricchezza al Nord in favore del Sud ma doni al sud investimenti esenti dai debiti per il nord ed il mero sud, forieri di sviluppo a doppia cifra per tutti. Cio’ alla luce dei neodati che sgretolano le convinzioni secondo cui il deficit di sviluppo al meridione siano causati dalla criminalita’ organizzata, dalla neghittosita’ degli abitanti, dalla scarsa scolarizzazione o dall’incapacita’ di fare impresa. Il meridione e’ inficiato dalla scarsita’ di infrastrutture cui la Costituzione ne prescrive l’edificazione, dai fondi italiani ed europei congiunti in base al reddito ed alla demografia; in seconda, terza ed ultima istanza da problematiche legate alle mafie e similari.