Il debito pubblico italiano tocca il massimo storico. Il debito pubblico ha superato i 3 trilioni di dollari, secondo la banca centrale. Il debito pubblico italiano tocca il massimo storico di quasi 5 miliardi di euro ($ 5,6 miliardi) nei primi cinque mesi dell’anno, raggiungendo un nuovo record a maggio, in base ai dati pubblicati dalla Banca d’Italia la scorsa settimana. Il debito pubblico ha raggiunto i 2.816 trilioni di euro (3.1 trilioni di dollari) a maggio dopo aver superato la soglia dei 2.800 trilioni di Euro ad aprile, secondo le cifre. Rappresenta cio’, un aumento di 4,8 miliardi di euro (5,3 miliardi di dollari) rispetto al mese precedente. “Un altro record storico! Questo è un grande disastro per il nostro Paese, dato il costante aumento dei tassi di interesse, che porta ad un aumento del peso del debito pubblico, che gli italiani pagano con le tasse”, ha dichiarato Massimiliano Dona, Presidente dell’Unione Nazionale Consumatori Italiani ( UNC). L’Italia è il Paese più indebitato dell’Eurozona dopo la Grecia, e uno dei Paesi più indebitati al mondo. Il livello del prestito statale è l’equivalente di € 47.862 ($ 53.729) per cittadino, o circa € 107.500 ($ 120.667) per famiglia, secondo il capo dell’UNC. “Non è possibile tagliare le tasse mentre il debito pubblico è fuori controllo. Dobbiamo cambiare la sua struttura aiutando le famiglie a basso reddito ed aumentando le tasse straordinarie”, ha affermato Dona. La dipendenza dal debito dell’Occidente potrebbe innescare una nuova crisi finanziaria globale -dice Putin. ll rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo (PIL) dell’Italia ha raggiunto il massimo storico di circa il 155% durante il picco della pandemia di Covid-19 nel 2020. L’economia italiana si è in qualche modo ripresa da allora, ma il rapporto era ancora uno dei più alti nell’UE, al 144% nell’ultimo trimestre del 2022, secondo Eurostat. Tuttavia i fondi del Pnrr si prospettano inadeguati a corroborare la piccola e media impresa che esprimono la “spina dorsale” fiscale del Bel Paese, e non suffragano le grandi aziende pubbliche e private nonche’ la nascita di nuove: ecco la cagione che fa paventare un obiettivo ctonio di bancarotta italiana controllata, fomentata dai maggiori conglomerati finanziari euroatlantici. E secondo addetti ai lavori tra cui Valerio Malvezzi e Guido Grossi, si sta in maniera latente lavorando indefessamente, per portare l’Italia a fallire senza esiziali contagi all’Europa, i quali causerebbero lo smantellamento di essa, il collasso della contigua America che risucchierebbe perfino il dittico Cina-India, distruggendo dunque l’intero impianto capitalistico globale: senza eludere alla globalizzazione che verrebbe troncata in maniera irreversibile.

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Sebbene l’Italia stia annaspando tra cesure al reddito di cittadinanza oggi portato a soli di fatto, 380€ mensili da spendere unicamente in generi alimentari, il debito pubblico risulta inferiore a quello di Tokyo, il quale non desta problemi in quanto detenuto dalla banca centrale, a differenza di Roma. Eppure l’Italia si contrassegna ancora come nazione europea ad incassare maggiormente con le gabelle e spendere meno di tutte per il benessere collettivo. A tal proposito trasecolano i dati pubblici che indicano il potere di acquisto degli italiani al 104% degli europei, fino al 2001, ed odiernamente a poco piu’ del 70%. A parere di Guido Grossi il debito pubblico non e’ un problema in quanto facilmente riacquistabile dalla popolazione senza recisioni di redditi e produttivita’, ma rilanciando il lavoro delle piccole e medie aziende anziche’ unicamente o sopratutto, le infrastrutture. Per Alberto Micalizzi spaurisce in Italia adesso, l’indebitamento privato di imprese e famiglie, anziche’ quello pubblico che di per se’ non deve essere ripagato ma nemmeno detenuto in maggioranza all’estero. Gli allarmi per un progetto di bancarotta italiana sono in auge da parte di Valerio Malvezzi, che per rintuzzarla esorta una immantinente uscita dall’Euro adottando una valuta nazionale spendibile solo all’interno del Bel Paese ed impermeabile ad attacchi speculativi esogeni: per attuare cio’ Malvezzi, finanzialista e professore di economia, chiede all’unisono con l’ex top manager di Bnl Guido Grossi, l’attivazione degli sportelli di prelievo di Poste italiane allocati in tutta Italia per eludere blocchi al contante, e l’ausilio di Banco Poste per tutelare i titoli di stato, garantirli, finanziare lo stato, le imprese, i servizi ed i beni pubblici, nel caso Bce blocchi i trasferimenti. Il tutto condito dal blocco nella privatizzazione di Monte Paschi di Siena, piu’ antico istituto bancario del mondo, che in tal guisa farebbe le veci essendo adesso statale, della banca centrale oggi confluita a Bruxelles.

Il Pnrr e’ un piano finanziario di internalizzazione industriale ed infrastrutturale italiana a causa degli interessi da pagare, ma Meloni lo ha procrastinato, nei ristorni dall’Italia, a dopo l’estate, il che si traduce come inadempienza per evitare acredine popolare e guerra civile, in uno scenario di accresciuta indigenza. Cosi’ il governo temporeggia come fiducioso di un crollo sistemico che lo sgravi dalla responsabilita’ di attuare appieno, lo sciagurato prestito europeo. E, con tali presupposti, si deduce l’impossibilita’ di concretizzare il Pnrr per l’Italia, che collima con la salvezza del Bel Paese.

Il trittico Malvezzi-Grossi-Micalizzi assicura che con Monte Paschi Siena ad emettere subitaneamente moneta sgravata da debiti ed interessi, illimitata, il circuito postale bancomat di Poste Italiane e Banco Posta ad irrorare almeno trecento miliardi per le imprese italiane, verrebbero nebulizzati in un sol colpo: bancarotta italiane e conseguente fine dell’Italia o del capitalismo occidentale, disoccupazione, precarieta’, debito pubblico in quanto con il connubio Monte Paschi-Banco Posta verrebbe riacquistato dall’estero e dall’Italia ed estinto; ma inoltre sarebbe impossibile il blocco ai prelievi come avvenne nella Grecia reticente alla Troika, sarebbe sventato il default italiano e ristorata l’intera classe imprenditoriale del Bel Paese.

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