Di Paolo Paoletti

ADDIO ANTONIO NON TI DIMENTICHERO’: HAI RIEMPITO LA MIA GIOVENTU’ E LA MIA CARRIERA, ESEMPIO DI SERIETA’, CORAGGIO, ONESTA’. LEADERSHIP DELLA NAPOLI MIGLIORE. L’ERRORE, NON AVER ASCOLTATO ALLODI. LA FIGC LO RICORDA SU TUTTI I CAMPI, IL NAPOLI GIOCHI CON IL LUTTO AL BRACCIO.

Anche a me non piacciono i ‘coccodrilli’. Sono finti, preparati prima, e portano anche male. Non ne avrei mai scritto uno per Antonio Juliano, troppa era la stima e l’affetto. Come ho sempre rifiutato l’idea del suo addio anche se sapevo da molti anni il male che lo aveva imprigionato nella casa di Via Belsito.
L’allergia per i ricordi prefabbricati, è l’unica cosa che rammento di Pasquale Nonno detto ‘a purpetta, direttore de Il Mattino per 8 anni, dove sono stato art.2 fino ad aprile 1990 (quando fui assunto a La Repubblica) collaboratore fisso della redazione sport, senza raccomandazioni e quindi senza altre possibilità. Per pubblica ammissione di Pasquale…
Detto ‘a purpetta’ perchè il suo piatto preferito erano “e purpette ca sarza” che mangiava ogni giorno in una trattoria di Via Morelli a pochi passi dal palazzo del giornale al Chiatamone.
Perchè il preambolo Nonno? Perchè mi riporta ad uno degli aneddoti più significativi sul Capitano, i cui funerali si sono svolti nella Chiesa di San Giuseppe alla Riviera di Chiaia. Presenti gli amici della gioventù, i compagni del Napoli anni Sessanta, Fausto Canè (1939), Enzo Montefusco (1945) ed il più giovane Gianni Improta (1948). Ovviamente Corrado Ferlaino, sinceramente commosso e perfino De Laurentis, finalmente rispettoso della vera storia del Napoli.https://www.instagram.com/where_fashion_is_art?igshid=OGQ5ZDc2ODk2ZA==


Perchè Nonno, dicevo…
Lavoravo al Giornale di Napoli di Orazio Mazzoni, ex Direttore del Mattino ed acerrimo nemico di Ferlaino, quando realizzai lo scoop ‘Allodi al Napoli’. Il Commendatore rintracciato nella sua villa di Ponza, prima mi chiuse il telefono in faccia, poi mi richiamò avendo avuto informazioni su chi fosse quel giovane giornalista ancora poco conosciuto ma capace di aver scoperto la notizia delle notizie.
Allodi mi fece l’intervista in cui ammise di aver accettato l’invito di Ferlaino a diventare ‘Consigliere del Presidente’ e dopo qualche giorno, incredibilmente, fu lui a cercarmi per chiedermi un favore: “devi parlare con Juliano, so che sei suo amico e che si fida di te. Digli che deve restare, non facesse fesserie. Lui incarna Napoli ed il Napoli, ne sarà dirigente per sempre. Gli girerò tutti i miei contatti e tutta la mia esperienza. Tra qualche anno andrò via, Juliano resterà. Diglielo da parte mia, perchè si è negato e so che ha rifiutato l’offerta di Ferlaino che io ho fortemente suggerito”.
Si dice che l’offerta fosse di 500 milioni, non poco. Ma io so che Juliano rifiutò non per Allodi che stimava molto. Ma perchè Ferlaino era già in contatto con Pierpaolo Marino avendo intuito che l’orgoglio del Capitano lo avrebbe ‘costretto’ ad andarsene.
Marino voleva vendicarsi dell’ingaggio di Marchesi, strappato da Antonio all’Avellino nell’80. Così fu, anche perchè De Mita pressava per un aiuto finanziario ai Lupi e Marino ne avrebbe creato le condizioni portando con sè a Napoli, Nando De Napoli per 5,5 miliardi. Cosa che puntualmente avvenne l’anno successivo.https://www.instagram.com/where_fashion_is_art?igshid=OGQ5ZDc2ODk2ZA==


Di Antonio si sa quasi tutto: da quando fu scoperto da Giovanni Lambiase per il settore giovanile, all’esordio in prima squadra nella semifinale di Coppa Italia, contro il Mantova, che spalancò la strada alla conquista del primo trofeo azzurro all’Olimpico: 2-1 alla Spal. Dopo aver eliminato strada facendo Torino e Roma.
Un segno del Destino perchè a 19 anni, Totò (meglio di Totonno…) entra subito nella storia, non solo nell’albo d’oro della Coppa Italia. Quel Napoli, infatti, la vinse avendo appena conquistato la promozione in serie A, impresa mai riuscita a nessuno.
Un predestinato, Juliano si mostrò tale da subito: per carattere, personalità, leadership. Incline alla responsabilità, fu scelto Capitano già a 23 anni, 1966, altro anno indimenticabile, quello del Terzo posto dietro Milan e Bologna, le ultime due ad aver vinto lo scudetto.
Juliano lo sfiorò da giocatore ed anche da dirigente. In campo nel ’68 alle spalle del Milan di Rivera e nel ’75 dietro la Juve, punito dall’amico Josè Altafini, spinto in bianconero da Ferlaino.
Proprio come accadde 13 anni dopo ad Antonio che per gli stessi motivi di Josè – dimostrare che non era finito – chiuse la carriera a Bologna del suo méntore Petisso Pesaola.
Dietro la scrivania nel 1980, terzo posto, con Rino Marchesi allenatore.
Poi venne l’addio anche da DG, ed il ritorno nell’83-84 per salvare Ferlaino da una piazza inferocita. Proprio quell’estate visse la sfida più grande: prendere Maradona, dopo aver portato a Napoli prima Krol, poi Dirceu.
Il 27 giugno 1984 si consuma l’episodio che mise a nudo la vera natura di Antonio Juliano: il giorno prima era arrivato il telex dal Barça con cui si fissavano le condizioni per la cessione di Diego. Seppi la notizia, mi precipitai a Barcellona per anticiparlo ed intercettarlo in aeroporto. Quando si aprirono le porte del gate 27 dell’internazionale El Prat, ero lì telecamera e luci puntate di Notte Sport (Telelibera 63), microfono alla mano.
Juliano partito in gran segreto, mi sorrise e con la complicità che univa chi stava per compiere un miracolo e chi era lì per raccontarlo, aprì la valigetta per mostrarmi il telex.https://www.instagram.com/where_fashion_is_art?igshid=OGQ5ZDc2ODk2ZA==


Nelle successive 72 ore accadde di tutto: l’ultimo no di Gaspart, licenziamento e riassunzione di Juliano nell’arco di una cena al Princesa Sofia con un Ferlaino imbestialito per la figuraccia mundial ma poi pronto ad accogliere l’ipotesi Hugo Sanchez consigliato telefonicamente a Totonno dall’amico Suarez.
Fino alla telefonata di Gaspart alle 6 del mattino del 30 giugno che invitò Antonio a mezzogiorno nella Quinta fuori città per firmare l’acquisto di Maradona.
Un’avventura che dimostrò come Napoli ed i napoletani quando riescono a fare squadra (difficilissimo) tutto possono. Juliano spalleggiato per un mese da Dino Celentano, mostrò il meglio di sè e della napoletanità che non è un sentimento retorico ma la capacità di andare incontro al Destino consapevoli di poterlo costruire per come si merita.
Antonio Juliano è stato l’unico napoletano a disputare 3 Mondiali giocando con il Napoli: Londra ’66, Messico ’70, Germania ’74. Non accadrà mai più, perchè come diceva Totò a Napoli si nasce, napoletani si diventa. Aveva ragione.
Antonio ha accompagnato la mia gioventù, con il Napoli di Vinicio; ha riempito i momenti più significativi della mia carriera giornalistica, cominciata nel 1978, portando a Napoli grandi campioni e il più grande di tutti; ha gratificato la mia esperienza da dirigente della SSCNapoli con un gesto inatteso, accettando la tessera numero 1 del Vip Club che a lui riservai. Anche contro il volere di Ferlaino.
Grazie Antonio per la tua vita che resterà per sempre esempio indimenticabile per tutti i giovani di Napoli.
La Federcalcio lo ricorderà con un minuto di silenzio su tutti i campi. Spero che il Napoli giochi con il lutto al braccio. Il minimo. Io invece ricorderò a Cannavaro la promessa fatta da Pizza Margherita, sul Lungomare, qualche anno fa: intitolare a Juliano la struttura che già allora Fabio voleva dedicare ai giovani talenti di Napoli.
Ora quel sogno si è concretizzato con l’acquisto del Centro Paradiso di Soccavo che presto potrà diventare Centro Sportivo Antonio Juliano. Un dovere!

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